Crescere con la Sma: Mattia tra libri, terapie e carrozzina | laRegione.ch

2023-03-08 15:57:24 By : Mr. ZhiXiang Yin

«È una lotta quotidiana, non solo per Mattia, ma per tutta la famiglia», dice Michela Maggio. «Tutto ruota attorno a nostro figlio maggiore», aggiunge Marco. A parlare sono i genitori di Mattia, 13 anni, che convive dalla nascita con l’atrofia muscolare spinale di tipo due, la Sma. È seguito da 7 medici, ogni settimana ha 5 sedute tra piscina, fisioterapia, ergoterapia, psicologo, poi c’è la scuola, Powerchair Hockey, i dolori continui, la cura da 300mila franchi l’anno, l’unica che può rallentare il terribile male degenerativo. Mattia ci osserva con sguardo furbo dalla sua carrozzina elettrica, mentre gioca col telefonino, segue tutto con attenzione: «Dovrei studiare, ho un esperimento sulla grammatica italiana, ma io preferisco la matematica», dice. Non ha perso il sorriso. «È sempre meno solare, la sofferenza è cronica, e c’è la frustrazione per ciò che non potrà mai fare», dice Michela. Suo figlio ha imparato a non mollare, come i suoi genitori.

La famiglia Maggio al completo

Abbiamo trascorso una mattinata con la famiglia Maggio per capire che cosa significa convivere con una malattia neuromuscolare, cronica e progressiva. È una malattia genetica rara, una delle 8mila patologie difficili da diagnosticare che possono incrociare il destino di chiunque. Si stima ne soffrano 24mila ticinesi, alcuni obbligati a peregrinare da uno specialista all’altro prima di trovare una diagnosi. C’è però un punto di approdo, dove trovare risposte, consulenze specializzate, diagnosi, sostegni mirati, anche sociali, grazie a un team interprofessionale di specialisti e l’aiuto di associazioni: il Centro Myosuisse Ticino creato nel 2007, fa parte di una rete di centri svizzeri specializzati in malattie neuromuscolari. Qualche mese fa è stato riconosciuto come centro di riferimento dal coordinamento nazionale malattie rare (Kosek). Un traguardo importante per il Ticino raggiunto anche grazie all’Associazione Malattie Genetiche Rare della Svizzera italiana (MGR) che cofinanzia Myosuisse: «Un modello in Svizzera, per come sostiene i pazienti anche nei bisogni sociali imposti da una malattia che spesso avanza velocemente», spiega Claudio Del Don, presidente Mgr. L’associazione che conta due assistenti sociali, attualmente accompagna 306 persone affette da malattie genetiche rare in tutte le problematiche legate al loro quotidiano (finanziando modifiche della casa, una nuova auto, coprendo fatture non ancora coperte dalla cassa malati, accompagnando i pazienti in una riqualifica e tanto altro ancora) e collabora in stretto contatto con Myosuisse su svariati piani, ad esempio nella formazione, nella coordinazione degli interventi ecc.

Claudio Del Don presidente Mgr

A 15 mesi Mattia non si reggeva in piedi, a 19 mesi non camminava: «All’ospedale hanno subito scoperto il motivo: l’atrofia muscolare spinale di tipo 2 (Sma). Ci è crollato il mondo addosso. Poi abbiamo dovuto reagire. Da quel momento la nostra vita ruota attorno alle sue esigenze». I genitori scoprono di essere entrambi portatori di questo gene. Diventa chiaro che Mattia non camminerà mai. «Ha bisogno di aiuto per vestirsi, per lavarsi, per andare in bagno, per andare a letto; di notte, se vuole girarsi, mi chiama, da solo non riesce a farlo». Mamma Michela adatta i vestiti, papà Marco ha le mani d’oro, a volte costruisce ciò che serve al figlio, come la sedia per la doccia, risparmiando migliaia di franchi. La loro casa è a prova di carrozzina, hanno installato un ascensore e altri costosi strumenti indispensabili per l’adolescente. «I costi sono molto elevati, solo in parte coperti dall’Assicurazione invalidità». Michela ha trovato aiuto altrove (Pro Infirmis, Associazione Malattie Genetiche Rare) ed è seguita da Myosuisse Ticino. «Sono un grande sostegno, ci facilitano la vita, perché tra fatture e problemi la lista è infinita», aggiunge.

Mattia va in terza media, lo portano i samaritani. Ci sono aiuti, ma anche discussioni. «Incastrare lezioni, terapie e visite mediche è una vera acrobazia. Era troppo, Mattia faticava a gestire tutto, aveva spesso la febbre. C’è voluta pazienza, ma siamo riusciti a negoziare con la scuola che fosse esonerato da alcune materie, come ginnastica, musica, storia. Ora tutto è più gestibile per Mattia», spiega la battagliera Michela. Lei ha un impiego al 50%, il marito lavora a tempo pieno, quando sono assenti c’è una persona di fiducia. Non sempre i datori di lavoro capiscono i salti mortali di un genitore con un figlio con la Sma.

Fa bene condividere con chi vive gli stessi drammi. «Siamo in contatto con altre famiglie e questo aiuta, ti senti meno solo. Ci scambiamo informazioni anche su nuove terapie». Ogni passo avanti della ricerca fa battere il cuore. Da qualche anno, c’è un innovativo farmaco, si chiama Spinraza, costa 300mila franchi l’anno. Iniezioni nel midollo che vanno iniziate al più presto per garantire risultati migliori. Mattia lo riceve, stabilizza la sua malattia. «Ha più forza nelle braccia e non perde muscolatura: non peggiorare è già un risultato». Ora c’è lo sciroppo Risdiplam, più facile da somministrare. Mattia guarda avanti con più speranza. «Da grande voglio fare il grafico. Ho già fatto degli stage e mi piace. Anche se non è facile trovare un posto dove posso entrare con la mia carrozzina elettrica». Intanto la sua attenzione è sul fratellino, Maicol, la piccola peste di casa. «Mi piace pensare che in futuro Mattia non sarà mai solo», conclude papà Marco.

Fare una corretta diagnosi è il punto critico, perché gran parte di queste malattie neuromuscolari rare, in prevalenza di origine genetica (come ad esempio la distrofia muscolare di Duchenne) sono poco conosciute. I primi sintomi possono manifestarsi già poco dopo il parto o durante l’infanzia.

«Queste malattie colpiscono l’apparato muscolare, riducono la deambulazione, indeboliscono cuore e polmoni; infatti alcuni pazienti hanno bisogno di un supporto per respirare. Serve un approccio multidisciplinare, anche se purtroppo, non per tutti c’è una cura efficace. Grazie alla genetica, strumenti diagnostici e terapie stanno migliorando e non vogliamo lasciare questi pazienti soli quando possiamo migliorare la loro qualità di vita», dice il professor Gian Paolo Ramelli, neuropediatra, primario all’Istituto pediatrico della Svizzera italiana e referente per il Centro Myosuisse della pediatria.

I problemi da affrontare sono numerosi: «Oltre a una diagnosi affidabile e consulti da più specialisti, c’è il problema di veder riconosciuto il proprio problema di salute dalla scuola, dalle assicurazioni sanitarie. A volte gli aiuti sociali ci sono ma i pazienti non li conoscono e quindi non possono accedervi», precisa il prof. Ramelli, che segue una quarantina di piccoli pazienti con malattie neuromuscolari rare.

Ti-Press Il dottor Gian Paolo Ramelli

Per lungo tempo i pazienti sono stati lasciati soli, ma poi la politica si è data una mossa. Nel 2016 il Consiglio federale ha approvato un piano nazionale di sostegno che prevedeva nuovi centri di riferimento per le malattie rare, accesso e rimborso per gli esami diagnostici, terapie, ricerca e formazione.

I primi centri sono nati negli ospedali universitari. «Avere in Ticino un centro di referenza nazionale per le malattie neuromuscolari è un traguardo importante».

Gli chiediamo infine che cosa significa per un pediatra non poter aiutare un bambino ammalato. «È una grossa frustrazione. Non poter dare un futuro a chi si affaccia alla vita e speranza ai suoi genitori è molto logorante come medico, come uomo, come padre», conclude.

Al Centro Myosuisse, i pazienti affetti da malattie neuromuscolari rare o in fase di diagnosi trovano un’assistenza completa e competente, le cure più aggiornate ed efficaci disponibili, e tutti gli aiuti per la migliore qualità di vita possibile. «Oltre a organizzare le consultazioni, li aiutiamo nel creare una rete di supporto con vari enti sul territorio», ci spiegano le coordinatrici Anna Maria Sury e Colette Balice-Bourgois. I punti principali di appoggio sono due: il Neurocentro all’ospedale di Lugano per i pazienti adulti e l’Istituto Pediatrico della Svizzera italiana a Bellinzona per quelli pediatrici. La certificazione nazionale ottenuta dal Centro Myosuisse è il risultato di un lungo percorso fatto soprattutto dall’Associazione Malattie Genetiche Rare della Svizzera italiana (che lo cofinanzia e quest’anno compie 10 anni) e dall’Ente ospedaliero cantonale.

Il Centro conta su tre infermiere, una coordinatrice-ricercatrice (Balice-Bourgeois), l’altra coordinatrice formatrice (Sury) e la terza di ricerca (Francesca Picchi). Incontriamo le due coordinatrici all’ospedale San Giovanni a Bellinzona. «Siamo un centro interprofessionale che offre consulenze specializzate per le malattie neuromuscolari e mette in rete medici (neurologo, pneumologo, cardiologo, neuro ortopedico e genetista), infermieri, fisioterapisti, ergoterapisti, logopedisti, assistenti sociali, associazione pazienti», precisano.

I professionisti che gravitano attorno a un solo paziente sono davvero tanti, essendo queste malattie rare, progressive e di regola parecchio invalidanti. Sono un centinaio, ci spiegano, i pazienti seguiti regolarmente dalla struttura. Tra loro anche la famiglia di Mattia. Sono molti di più i malati che fanno capo al Centro: oltre mille. Con l’implementazione dei registri nazionali si avranno statistiche più chiare.

Ti-Press Le coordinatrici di Myosuisse Ticino, Anna Maria Sury e Colette Balice Bourgois (a sin)

Oltre i numeri, ci sono persone, storie di vita. Quando ti succede è uno tsunami che stravolge tutto. Balice e Sury sono come stampelle nella tempesta per molti ammalati. Li aiutano nel coordinamento delle cure, nella gestione dei sintomi, nell’attivazione della rete, nella sensibilizzazione, quando serve, a scuola e sul posto di lavoro. «Ci rechiamo a domicilio per individuare le possibilità di adattamenti, li aiutiamo ad attivare le assicurazioni e associazioni per far fronte a numerose spese. Se il paziente è un bambino possiamo andare a scuola a spiegare a docenti e/o compagni di classe come funziona la malattia. Alcuni istituti scolastici e datori di lavoro sono molto sensibili, altri meno», precisano.

Fare sensibilizzazione è importante perché le incomprensioni possono creare ancora più sofferenza. «Ricordo una docente, si lamentava per il volto svogliato di una alunna affetta da una malattia neuromuscolare. Ignorava che la sua allieva non poteva sorridere, perché la sua muscolatura era compromessa dalla patologia. Oppure ricordo un ragazzo, affetto da miastenia, che è stato licenziato perché si presentava al lavoro con le palpebre semichiuse. Il suo capo pensava non dormisse la notte, invece è una conseguenza della malattia», aggiunge Sury. Si deve convivere con queste malattie così poco conosciute e degenerative: «Vediamo giovani con la Sma molto brillanti che si sono sposati, hanno completato studi superiori. Non saranno mai autosufficienti ma la vita continua». E ogni passo della ricerca fa guadagnare loro nuovi spazi di autonomia.

L’attività di ricerca è un prerequisito per avere in Ticino un centro Myosuisse certificato, competenze maturate anche grazie alle ricerche del dottor Paolo Ripellino sulle malattie neuromuscolari. «Le malattie rare sono spesso trascurate dalle ditte farmaceutiche, che preferiscono investire in malattie più frequenti perché più redditizie. A causa delle lunghe e costose ricerche per arrivare a una terapia efficace, i costi dei medicamenti possono diventare molto elevati, anche sopra il milione di franchi», spiega il neurologo dell’ospedale di Lugano. Un esempio sono le nuove terapie per l’atrofia muscolare spinale (Sma) che agiscono sul Dna: «Potenzialmente si tratta di terapie salvavita, che potrebbero risolvere una malattia mortale nei bambini, ma si tratta di medicamenti ancora estremamente costosi. La politica dovrà affrontare seriamente il tema di come poter gestire i costi di queste nuove cure».

Ti-Press Il neurologo Paolo Ripellino dell’Ospedale regionale di Lugano

Fa ricerca sulle neuropatie infiammatorie, causate dall’aggressione del sistema immunitario contro i nervi periferici: «Spesso queste malattie sono scatenate da infezioni. Noi studiamo il ruolo dei virus come fattori scatenanti». Ha appena concluso una ricerca durata 3 anni, che ha dimostrato una relazione tra l’epatite E e la sindrome di Parsonage-Turner e – con altri ricercatori – ha studiato il ruolo dell’infezione del Covid nella genesi della sindrome di Guillain-Barré. Con le malattie rare il problema sono i numeri. «Un singolo centro non ha sufficienti dati per fare grandi studi, quindi li raccogliamo e li condividiamo all’interno di registri nazionali e internazionali». Dal Ticino, lo specialista coordina una rete nazionale per le neuropatie infiammatorie. Esiste poi un registro svizzero sulle malattie neuromuscolari e tra poco partirà un registro nazionale sulla sclerosi laterale amiotrofica (Sla), coordinato da Zurigo. «In questi registri si collezionano dati clinici, strumentali e campioni, che sono la base per fare ricerca».

La nuova frontiera passa dalla genetica, che ha avuto un’espansione incredibile negli ultimi dieci anni e sta rivoluzionando sia l’approccio diagnostico sia le possibilità di cura: «Prima per le miopatie facevamo l’analisi di genetica come ultimo esame, dopo l’elettromiografia e la biopsia muscolare. Ora sempre più spesso raggiungiamo la diagnosi esatta soltanto col test genetico, senza necessità della biopsia», precisa. A livello di cure ci sono importanti passi in avanti: «Siamo in una fase di transizione, verso nuove conoscenze in genetica e immunologia, che possono davvero curare i pazienti: abbiamo nuove armi molto precise e potenti. Dobbiamo anche ricordarci che lo stesso medicamento potrebbe essere utilizzato per altre malattie che condividono lo stesso meccanismo. È come per il cambio al volante e le misure di sicurezza, brevettate anni fa sulle auto da Formula 1. Oggi sono disponibili per tutte le nostre utilitarie», conclude.

«È una lotta quotidiana, non solo per Mattia, ma per tutta la famiglia», dice Michela Maggio. «Tutto ruota attorno a nostro figlio maggiore», aggiunge Marco. A parlare sono i genitori di Mattia, 13 anni, che convive dalla nascita con l’atrofia muscolare spinale di tipo due, la Sma. È seguito da 7 medici, ogni settimana ha 5 sedute tra piscina, fisioterapia, ergoterapia, psicologo, poi c’è la scuola, Powerchair Hockey, i dolori continui, la cura da 300mila franchi l’anno, l’unica che può rallentare il terribile male degenerativo. Mattia ci osserva con sguardo furbo dalla sua carrozzina elettrica, mentre gioca col telefonino, segue tutto con attenzione: «Dovrei studiare, ho un esperimento sulla grammatica italiana, ma io preferisco la matematica», dice. Non ha perso il sorriso. «È sempre meno solare, la sofferenza è cronica, e c’è la frustrazione per ciò che non potrà mai fare», dice Michela. Suo figlio ha imparato a non mollare, come i suoi genitori.