Si chiama adaptive fashion, ed è la moda pensata per le esigenze delle persone con disabilità. La piattaforma tedesca lancia la sua prima linea ad hoc, ma urge una riflessione sul tema
"Negli ultimi tempi si sono fatti parecchi passi avanti anche nel campo della moda: nelle prime pagine dei giornali di moda sono emerse modelle con protesi agli arti inferiori o superiori, anch’io ho proprio voglia di sdoganare e dare un contributo a questa ottima causa! Non sarà perfetto il mio corpo ma è il mio e sono fiera di sfoggiare i risultati del mio duro e continuo lavoro!! Siate sempre fieri di voi e anche un po’ vanitosi, e perché no?". Così ha scritto sulla sua popolosissima pagina Instagram Nadia Lauricella, sui social Ironadia_301, una ragazza siciliana di 28, focomelica dalla nascita. Vive senza braccia, le gambe sono parzialmente sviluppate, la colonna vertebrale è incurvata e soffre di una grave scoliosi. E ha voglia di parlare di moda. Di vestirsi alla moda. E quel "perché no" finale racchiude tutta la voglia di leggerezza con cui Nadia desidera parlare dell'argomento. La leggerezza e il divertimento, infatti, dovrebbero essere per tutti le assi portanti del discorso, che se è vero che la moda è anche arte e cultura, di base è soprattutto un gioco che ci portiamo dietro dall'infanzia. Da qualche anno il mantello del dramma s'è alleggerito, per le persone con disabilità, che si sono trovate buttate nella mischia delle sfilate, dei brand e delle campagne pubblicitarie, talvolta da protagonisti. Si potrebbe aprire un discorso lunghissimo, sul fatto che tutto questo avvenga per marketing o per uno slancio di inclusione e valorizzazione delle persone tutte, ma torneremmo alla pesantezza che qui si vuole evitare.
Potremmo, per esempio, lasciare che le storie belle rimangano semplicemente tali, senza dietrologie. Come quella della top model astro nascente Niu Yu, modella cinese 24enne diversamente abile, che ha sfilato nel 2021 durante settimana la moda di Shanghai, dando il via anche in Cina a un dibattito sulla bellezza inclusiva. Sebbene la Shanghai Fashion Week abbia segnato il suo debutto come modella disabile in passerella, la testata cinese Global Times ci ricorda che Niu ha fatto parlare di sé quando, il 12 maggio 2018, ha completato con la sua gamba protesica la maratona di Wenchuan. O ancora, il successo di Aaron Philip, nera, transgender e con disabilità.
Oggi il filone di belle storie e belle notizie si arricchisce grazie a Zalando, una delle principali piattaforme online europee per la moda e lifestyle, che ha lanciato la sua prima collezione di moda adattiva composta da oltre 140 stili attraverso le sue private label: Zign, Pier One, Anna Field, Yourturn e Even&Odd.
La moda adattiva è abbigliamento, calzature e accessori che soddisfano le esigenze delle persone disabili, intenzionalmente progettati per essere accessibili alle persone che vivono con disabilità permanenti o temporanee. Una moda comoda, dunque, ma non triste o mortificante. Leggera, vanitosa, divertente. Com'è per chiunque la ami e la segua.
In Italia sono 3,1 milioni le persone con disabilità e, fino ad oggi, se volevano vestirsi alla moda erano costrette a districarsi tra zip, bottoni, etichette abrasive, scarpe coi lacci, negozi mal progettati, mancanza di formazione del personale e di prodotti e vestiti adatti. In alternativa, potevano rivolgersi ai marchi di abbigliamento adattabili, il ribattezzato adaptive fashion, che è, tuttavia, ancora una nicchia emergente, anche se in forte crescita. Un passo avanti assai utile, che segue un po' le orme, con le dovute differenza, del modest fashion, pensata per andare incontro alle esigenze delle ragazze e donne di fede musulmana. L’obiettivo dell’adaptive fashion è l’inclusione sociale dei diversamente abili, anche se forse sarebbe più corretto puntare non non tanto sull'includere, quanto sull'integrare. Allargando lo sguardo oltre i confini nazionali, l’Organizzazione Mondiale della Salute ci dice che nel mondo vi sono circa 1,3 miliardi di persone con disabilità e che rappresentano un potere d’acquisto aggregato di 8 trilioni di dollari l’anno. Soddisfare i bisogni di abbigliamento alla moda delle persone con disabilità non deve dunque essere visto come un atto puramente legato al SROI, Social Return on Investment, ma anche come una legittima strategia commerciale per rispondere alla domanda di un target specifico, una scelta, insomma, di business intelligente e giusto.
Il primo a raccogliere la sfida è stato Tommy Hilfiger che ha creato nel 2016 una linea di abbigliamento per bambini con disabilità. L’iniziativa è stata il frutto della partnership con Runway of Dreams, l’organizzazione no profit fondata dalla stilista Mindy Scheier, madre a sua volta di un bambino con la distrofia muscolare, che si occupa di promuovere il concetto di adaptive design soprattutto sensibilizzando brand mainstream. Nel 2020 lo stilista americano ha lanciato Tommy Adaptive, una capsule collection disegnata appositamente per far fronte alle specifiche esigenze degli adulti con disabilità fisiche. Non a caso, quindi, anche nella collezione fresca di lancio di Zalando, ritroviamo la nuova linea Tommy Hilfiger Adaptive, aggiunta dalla piattaforma su nove mercati, tra cui Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia e Svizzera, con oltre 130 modelli tra uomo, donna e bambino. Per aiutare le persone disabili a scoprire, sfogliare e acquistare l'assortimento dei capi pensati appositamente per loro, Zalando ha lanciato un hub di moda adattivo. Anche qui, Zalando è stato supportato e consultato da All is for All durante tutto il processo di sviluppo della customer experience e dell'attivazione del marketing. A tutto ciò si aggiunge la campagna dedicata, dal titolo Abbraccia ciò che ti rende te, che vuole dare voce alla comunità dei disabili e presentare contenuti creati proprio da loro.
Un paio di anni fa, durante un Ted Talk a tema, la "disability fashion styling expert" Stephanie Thomas fu chiamata a parlare della questione, e puntò dritta a un nodo cruciale, che si riallaccia alla ragione per cui l'acquisto on line è, purtroppo, ancora la soluzione migliore per le persone disabili. "Nei negozi - spiegò allora Thomas, ma poco è cambiato - abbiamo più vestiti per cani che per persone con disabilità. Gli stessi negozi tra l’altro, rendono impossibile lo shopping, per esempio, a chi è in sedia a rotelle". Un problema che accomuna, almeno in questo caso, l’Italia con il resto del mondo. "Nel 2017 in UK è nato il movimento Help Me Spend My Money per denunciare gli ostacoli a cui vanno incontro le persone con disabilità, tra scalini, mensole troppo alte e camerini inaccessibili". La annosa questione delle barriere architettoniche, dunque, che nessuna sfilata o copertina aiuterà a risolvere. La leggerezza della moda passa anche dalla piacevolezza di un giro di vetrine e compere. E se questo è ostacolata o reso impossibile dalla struttura delle nostre città (fate mente locale su come è fatta la vostra, e vi renderete conto che per chi gira in sedia a rotelle moltissimi passaggi sono da incubo), allora il cambiamento deve avvenire attraverso istituzione e amministrazioni locali. E sono poche, almeno così sembra, quelle che abbiano in agenda la soluzione di problemi base (com'è la semplice deambulazione) dei disabili. Vedersi rappresentate sulla copertina di un magazine di moda può servire a dare un’iniezione di fiducia vitale, ma poi la vita di tutti i giorni è assolutamente in grado di affossare quella stessa fiducia. Abbattere le barriere culturali è giusto, ma abbattere quelle fisiche è fondamentale.