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La pianta aliena individuata dai ricercatori dell’Università di Pisa: solo due segnalazioni tra il 1893 e il 1930 in Trentino. È originaria del Nord America e di alcune località della Cina. «Basta toccarla per avere gravi dermatiti»
L’edera velenosa da (plants.ces.ncsu.edu)
FIRENZE Sembra una innocua e benevola pianta simile all’edera. Ed invece è tossica, anzi molto tossica perché capace di provocare gravi dermatiti . Insomma, un pericolo pubblico per chi la coglie e magari gli salta in mente di usarla per cosmesi e cura della pelle. Scientificamente si chiama Toxicodendron radicans , è originaria del Nord America e di alcune località della Cina , ma per la prima volta si è naturalizzata italiana. In altre parole, cresce anche da noi e pare molto rapidamente.
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A scoprirla sono stati tre ricercatori dell’università di Pisa Giovanni Astuti, Francesco Roma-Marzio e Roberta Vangelisti che hanno pubblicato la loro ricerca sulla rivista Italian Botanist , organo ufficiale della Società Botanica Italiana. L’edera tossica è stata trovata in abbondanza a due passi da Firenze, nel comune di Impruneta, nel sottobosco di Sassi-Neri, una delle mete preferite per gli amanti delle escursioni e del trekking. L’edera «velenosa» non era mai stata trovata in Toscana e per l’Italia c’erano solo due segnalazioni storiche per il Trentino-Alto Adige risalenti al 1893 e al 1930 , come specie occasionalmente sfuggita alla coltivazione.
«È una pianta aliena rampicante che in realtà non appartiene alla famiglia delle edere ma addirittura a quella dei pistacchi – spiega il professor Lorenzo Peruzzi, docente di Botanica sistematica all’università di Pisa – ma è pericolosa perché provoca delle importanti dermatiti da contatto . In altre parole, basta toccarla e la pianta sprigiona alcune sostanze tossiche, come l’urushiol , un olio che provocano reazioni allergiche. Negli Stati Uniti milioni di casi ogni anno anche se non si registrano morti ma reazioni allergiche molto importanti».
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L’edera velenosa non era mai stata trovata in Italia negli ultimi 93 anni e i due casi precedenti erano occasionali, adesso sembra invece sia iniziata un’invasione . Ed è dunque importante che le amministrazioni e la popolazione locale siano consapevoli della pericolosità di questa specie . I ricercatori pisani, che lavorano all’Orto Botanico di Pisa, hanno raccolto alcuni campioni della pianta e non è escluso che possa essere coltivata dall’università di Pisa in pochi esemplari per scopi di ricerca e con pannelli che avvisano della sua tossicità.
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